di R.Tiziana Bruno
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La narrazione appartiene all’universale e la fiaba è il luogo privilegiato dove la fantasia trova espressione, senza diventare illusione. Il racconto fiabesco consente di soddisfare un bisogno molto forte ovvero l’esigenza di fantasticare, di immaginare. Grazie alla fantasia, la fiaba racconta un mondo dove il desiderio riesce ad aprirsi un varco nel destino aspro. Per questo risulta affascinante ed attraente. Magia e realtà si intrecciano ed è questo intreccio che aiuta a decodificare gli eventi, a dare una rappresentazione e un significato alle cose e alle vicende.
Le fiabe hanno gambe lunghissime, perciò viaggiano veloci. Allora accade che molte facciano il giro del mondo, superando montagne e oceani.
Così, i racconti di un popolo arrivano fino all’altro capo pianeta, senza sforzo. E, durante il viaggio, si adattano al modo di pensare dei luoghi che attraversano e si colorano di scenari differenti.
Anche Cappuccetto Rosso ha fatto il giro del mondo. Ovunque, al freddo dei ghiacciai o nell’afa del deserto, questa fiaba rappresenta la sintesi delle capacità prodigiose del coraggio e del desiderio.
“Mangia che altrimenti arriva il lupo”…i bambini di tutto il mondo o quasi hanno sentito almeno una volta qualche adulto pronunciare una frase simile. E non c’è dubbio che il tanto temuto lupo (o orco, o vecchia, o tigre) è immediatamente riconducibile a certi personaggi del mondo delle fiabe. Un mondo così vicino a quello del bambino, da essere percepito come qualcosa di profondamente vero.
Tutti i paesi e le etnie del pianeta raccontano la storia di Cappuccetto Rosso, sebbene in modi curiosamente differenti. La storia è sempre quella, ma con differenze importanti tra le varie versioni…tutte da esplorare!
In Cina il lupo diventa una tigre, in Iran la piccola è accompagnata da un ragazzo. E queste differenze ci consentono di entrare nella vita quotidiana di un popolo o di un villaggio lontano. Sono differenze che raccontano mondi lontani e paesaggi sconosciuti. Sono differenze che non riguardano il contenuto, ma i suoi contorni. I contorni sono importanti, come le sfumature, spesso assai più di tutto il resto.
Ma come è nata Cappuccetto Rosso?
Andando indietro nel tempo, si scopre che la fiaba era narrata già nel XIV secolo in Francia. Ma forse bisognerebbe andare ancor più a ritroso, per conoscere le vere origini della storia.
In realtà non si sa di preciso dove né come sia nata, ma di sicuro è antichissima, di oltre duemila anni. Qualcuno afferma che è stata narrata le prime volte nell’antica Grecia.
In genere le fiabe hanno una loro origine reale, raccontano eventi realmente accaduti o per lo meno verosimili.
Ad esempio, tra il XV e il XIX secolo in Lombardia, Piemonte e Canton Ticino, ci furono 562 aggressioni a esseri umani e 379 vittime. Nonostante l’uomo non faccia parte delle prede del lupo, le alterazioni ambientali causarono questo tipo di eventi. L’incremento della popolazione umana in aree prima disabitate e la scomparsa di erbivori selvatici, spinsero il lupo (soprattutto le lupe con piccoli da nutrire) a cacciare gli animali domestici. A volte però capitava che si trovassero fra le zampe un bambino, che diventava facile preda.
Fra i tanti, divenne famoso un fatto di cronaca nera del Settecento: un’adolescente vestita di rosso fu trovata morta nelle campagne francesi.
Questi episodi, nonostante non fossero numerosi, colpirono profondamente la popolazione d’allora, la quale cercava di mettere in guardia i bambini attraverso fiabe appositamente inventate.
Ecco, Cappuccetto Rosso potrebbe essere nata così. Ma potrebbe essere nata ovunque, non necessariamente in Europa.
E le ragioni di questa fiaba non si esauriscono qui. Numerosi studiosi hanno tentato di comprenderle e scrutarle. Psicologi e pedagogisti affermano che la “giovane ragazzina nel bosco” è uno stereotipo che in molte tradizioni viene associato alla prostituzione. Nella Francia del XVII secolo, tra l’altro, la “mantellina rossa” era un segnale esplicito in questo senso. Inoltre il rosso rappresenta anche la maturità sessuale ovvero le mestruazioni e l’ingresso nella pubertà, che conduce la bambina nella “profonda e oscura foresta” della femminilità; il lupo rappresenta il predatore sessuale da cui guardarsi.
Infatti nel 1697 troviamo la versione dal titolo “Le Petit Chaperon Rouge”, di Charles Perrault. Lo scrittore francese fornisce una spiegazione esplicita della morale:
“Da questa storia si impara che i bambini, e specialmente le giovanette carine, cortesi e di buona famiglia, fanno molto male a dare ascolto agli sconosciuti; e non è cosa strana se poi il Lupo ottiene la sua cena. Dico Lupo, perché non tutti i lupi sono della stessa sorta; ce n’è un tipo dall’apparenza encomiabile, che non è rumoroso, né odioso, né arrabbiato, ma mite, servizievole e gentile, che segue le giovani ragazze per strada e fino a casa loro. Guai! a chi non sa che questi lupi gentili sono, fra tali creature, le più pericolose! “
“La finta nonna” è invece il titolo di una antica versione italiana della fiaba, in cui Cappuccetto Rosso riesce a sconfiggere il lupo basandosi esclusivamente sulla propria astuzia. La bambina adotta uno stratagemma, antico ed efficace, per la sua salvezza. Nessun provvidenziale cacciatore risolve la situazione: la bambina supera la terribile prova,confidando sulle sue sole forze. Questa versione è dunque un atto di fiducia verso i bambini e le loro inesauribili risorse di intelligenza, prontezza, coraggio. Possiamo trovarla sfogliando la raccolta delle fiabe italiane di Italo Calvino.
Eccone uno stralcio molto interessante:
Cappuccetto: –Nonna, non posso addormentarmi se prima non vado a fare un bisognino–
Nonna: –Và a farlo nella stalla, ti calo io per la botola e poi ti tiro su–
La nonnina legò Cappuccetto con la fune, e la calò nella stalla. La bambina appena fu giù si slegò, e alla fune legò una capra.
–Hai finito?- chiese la nonna.
–Aspetta un momentino– finì di legare la capra –ecco, ho finito, tirami su–
Nella successiva versione europea ottocentesca, Cappuccetto rosso cambia leggermente, ma non prevede ancora l’arrivo del cacciatore né il lieto fine. Tratta temi scabrosi come quello della violenza sessuale e del sopruso sui i bambini, con il simbolismo tipico del genere della fiaba, ma senza mezzi termini.
Alcuni sostengono che questa versione sia più vicina all’originale, e che il personaggio del taglialegna sia stato aggiunto successivamente per suggerire l’idea maschilista che nonna e nipote non potessero salvarsi senza l’aiuto di un uomo.
Nel 1900 la politica editoriale pose veti agli autori, intervenendo sulle tematiche, suggerendone alcune e rifiutandone altre. Così, nel testo di Cappuccetto rosso comparì il cacciatore. Il lupo fu squartato e dalla sua pancia furono tirati fuori sani e salvi la bambina e la nonna. La vicenda era sempre concentrata sul lupo e sulla bambina, impersonificazione dell’ingenuità, ma con la presenza della buona fine si poteva intravedere anche una contrapposizione tra buoni e cattivi e compariva anche una funzione didattica. Tale atteggiamento perdurò fino a circa la metà del 1900, addirittura accresciuto nell’immediato dopoguerra, periodo in cui fu sentita ancor più forte la necessità di tenere lontano quanto ci fosse di brutale e malvagio.
Ma il dolore esiste, fa parte della vita. Se lo eliminiamo dalle fiabe…avremo perso gli strumenti per combatterlo. Non trovate anche voi?
Osservazione bellissima. Dovrebbe essere più conosciuta.