Il cibo racconta*

di R.Tiziana Bruno

Eye_Candy__CoverLa funzione cui l’uomo si dedica con maggiore assiduità è senza dubbio il mangiare. Direi ancor più del dormire. La parola cibo si impasta con significati che hanno a che fare con vita-morte, amore-odio, salute-malattia, desiderio-rifiuto, abitudine-novità, rito-sorpresa. Concretamente, ogni giorno, e simbolicamente. Il cibo significa tante cose, e così il prenderlo o il rifiutarlo, dalla prima poppata in poi. Ed è inevitabile che un genitore prima o poi si ritrovi ad affrontare qualche difficoltà alimentare con il proprio bambino.
Il rapporto distorto del bambino con il cibo è la maggiore preoccupazione delle mamme e l’argomento di quattro visite pediatriche su dieci. Sono tanti i piccoli che storcono il naso di fronte ad alcune pietanze, per non parlare delle verdure. Molto spesso tra genitori si discute  della difficoltà di “intavolare” coi propri figli un discorso sul cibo, dell’impossibilità di trovare parole appropriate per impostare uno scambio di vedute sull’educazione alimentare.
Le fiabe possono  fornire “parole” tramite le quali avviare un dialogo anche sulla scelta del cibo. Offrire le soluzioni più efficaci, ma soprattutto a portata di mano. Le fiabe sono un tesoro unico e insostituibile per l’essere umano, l’unica maniera che ci è stata tramandata per preparare alla crescita e alle grandi risposte alle domande della vita…Le fiabe offrono risposte dirette.
I bambini agli adulti chiedono sempre “perché ” e si sentono spesso rispondere con i “come”: ecco, le fiabe rispondono ai perché, dei “come” se ne infischiano!
Il rapporto della fiaba con il cibo è costante: non ci sono quasi fiabe dove non si consumi cibo, dove non si parli di cose da mangiare. E’ un nutrimento non solo fisico, quello di cui si narra, ma a me serve per introdurre un nuovo modo di mangiare, che non è solo consumare il prodotto alimentare. C’è bisogno di un rispetto profondo nei confronti dei prodotti della terra e del lavoro dell’uomo, che va recuperato, come i gesti di una volta, quando ci si chinava a baciare il pane caduto sotto il tavolo prima di gettarlo, o di soffiarci sopra e mangiarlo…
E’ in questo modo che si fa capire al bambino l’importanza dell’acqua e del grano…delle cose semplici che loro elaborano anche attraverso una manualità ritrovata, facendo gli impasti con la farina e l’acqua e creando i cibi di cui la fiaba parla. Questo è un modo per far assumere al cibo un ruolo importante nella vita del bambino. Si possono curare così anche tanti disturbi alimentari, in un modo creativo e non invasivo. Insomma, i tempi passano ma le fiabe restano… rimangono, intatte, in ogni tempo e luogo, e questo deve pur significare qualcosa. Eat-by-Nicoletta-Ceccoli
Nelle fiabe, in tempi di fame diffusa e di mai risolta iniqua redistribuzione, il cibo conta, perché manca e perché miracolosamente arriva, perché sparisce e perché si moltiplica, perché è poco ma si può dividere, perché chi ne ha tanto lo tiene per sé, perché è il chiaro oggetto del desiderio. Intorno al cibo ruotano tante cose, ruota la vita. Dei famosi tre desideri fiabeschi, uno, spesso il primo, è qualcosa da mangiare, e non necessariamente rare squisitezze ma cibo per tutti i giorni, pane, polenta, farinata, minestra, zuppa. Il cibo è premio, festa, tranello, prova, incantesimo. Perché intorno al cibo ruotano tante cose, ruota la vita. E la bocca è luogo di conoscenza, esperienza, comunicazione.
I bambini di oggi hanno spesso un alfabeto culinario semplicistico, impoverito, trasmesso a suon di spot pubblicitari e gadget scintillanti. Sono per la maggior parte troppo abituati a vedere e consumare un cibo senza storia e senza geografia, senza luoghi e tempi (se non quello della data di scadenza); un cibo che esce dai sacchetti, dalle scatole, dalle confezioni, già pronto,con i polli che nascono senza penne e con le zampe intrecciate sotto le ali in una vaschetta bianca avvolta di pellicola. Magari anche già arrosto. Altro che le uova d’oro della nota gallina!
E si va anche diffondendo un tempo e un modo del mangiare a richiesta, come si va in bagno direi, ognuno per sé: quando si ha fame, si apre il frigorifero o la dispensa e si provvede. E aspettare anche gli altri? Prendere tempo per gesti che non siano solo strappa sacchetti o apri scatole? Non ne gioverebbero solo lo stomaco e la digestione…
Cibo e infanzia costituiscono un binomio ricco di significati e di valenze non solo dal punto di vista della nutrizione del corpo ma, anche, sul piano della crescita emotiva e affettiva di ogni bambino.
I bambini esprimono molte cose (stati d’animo, bisogni, emozioni…) attraverso le loro abitudini alimentari. Un dato interessante è la sempre più diffusa possibilità, per i bambini, di divenire soggetti attivi nella scelta, anche d’acquisto, dei prodotti alimentari. La centralità del bambino, l’ascolto delle sue opinioni e delle sue richieste è certamente una conquista dei nostri tempi. Conquista che però rischia di sfociare in un eccessivo protagonismo, che trasforma i bambini in precoci ometti o in piccoli tiranni.
Nelle famiglie contemporanee, poi, dove i genitori sono sempre più assenti per lavoro e condividono con i figli un sempre minor numero di pasti, il nutrirsi insieme può divenire un’occasione d’incontro “speciale”. In questi casi, i cibi raccontano il bisogno dei grandi di risarcire i piccoli con zuccheri e calorie tese a sostituire carezze e calore affettivo.
I bambini, a loro volta, pretendono ricompense sotto forma di cibo perché ingurgitare può placare un po’ l’ansia e “colmare” vuoti e bisogni insoddisfatti.
Questa è di certo una condizione sempre più diffusa tra i bambini del Nord del mondo, ma riguarda soprattutto i piccoli che vivono nelle grandi città. Per fortuna, nei centri più raccolti, dove le reti familiari allargate funzionano ancora, il pasto diviene un’occasione di incontro.
Il cibo è comunicazione, il cibo racconta.
Così, nelle fiabe il cibo e il cibarsi non soltanto raccontano la cura, la convivialità, la festa, ma divengono simboli capaci di rappresentare la paura di essere aggrediti, divorati, o, al contrario, il desiderio di divenire potenti, forti, invincibili. Il bene e il male, il piacere e il dolore, la vita e la morte, convivono nel cibo della fantasia, come espressioni dell’animo umano capace di nutrirsi dei significati più profondi, archetipici, universali che le fiabe da sempre trasmettono.
Chi non ha mai sognato di assaggiare la casetta di marzapane della strega di Hansel e Gretel? Chi non avrebbe voluto curiosare nel cestino della merenda per la nonna di Cappuccetto Rosso? Chi non si è chiesto cosa preparasse Biancaneve per i Sette Nani che tornavano stanchi dal lavoro?
Il cibo. Sapori, profumi, colori, sensazioni, ricordi. E poi la condivisione, i racconti a tavola, il pane spezzato, il nutrimento e il veleno, l’amore e il rifiuto. Il cibo è l’elemento magico di ogni fiaba: c’erano una volta pozioni, mele avvelenate, fagioli magici, focacce del re, intrugli di strega, case di marzapane, briciole nel bosco, cestini per il cibo ed enormi fauci ‘per mangiarti meglio’. Nelle fiabe volano polli arrosti, piovono fichi secchi e uva passa, crescono alberi con appese focacce calde, le salsicce si rotolano da sole nella verdura.
E allora per parlare di cibo ai bambini e per riscoprirlo noi tutti, entriamo nel mondo della fiaba. Seguendo l’itinerario culinario delle fiabe, si scoprono usanze e costumi di tutti gli angoli della Terra. Pietanze curiose, banchetti mai visti, allegrie nuove..

Non è forse vero che ogni ricetta ha bisogno di buoni ingredienti e di un tocco magico?

“…così poté  vedere nella stanza una bella tavola imbandita, con una tovaglia bianca, vasellame di porcellana ed un’oca arrosto fumante ripiena di prugne e di mele! All’improvviso l’oca  saltò giù dal vassoio, già con la forchetta e il coltello infilati nel dorso, proprio verso la bambina, ma in quell’istante il fiammifero si spense e davanti alla bambina rimase solo il muro freddo”.

H. C. Andersen

Testo: R.Tiziana Bruno
Illustrazioni: Nicoletta Ceccoli
(*Articolo apparso in TerPress – Rivista di cultura e società)
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12 commenti

  1. il cibo davvero ha una duplice valenza: nutrirci non solo fisicamente ma anche spiritualmente, emotivamente, mentalmente. è un argomento molto complesso che spesso agita gli animi e induce alla difesa. affrontarlo leggendo un libro, una fiaba mi sembra una delle cose più belle e importanti che si possano fare. grazie per questo bell’articolo, per le riflessioni che ne scaturiscono e per questo bell’angolino!
    a presto

  2. Sono un’insegnante di scuola primaria, sarei interessata a conoscere il suo progetto “Il cibo nelle favole”

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