L’importanza della narrazione*

di Rosa Tiziana Bruno

Attualmente il nostro quotidiano poggia sulla velocità. La velocità con cui ci appropriamo di ciò che ci serve e quella con cui ci liberiamo di quanto non ci serve più. Tutto deve essere già pronto, per accelerare i tempi. Le verdure sono in vendita sbucciate e tagliate, le case sono prefabbricate.  Perfino le immagini sono già pronte. Create da altri per noi, per risparmiarci il tempo di inventarne di proprie. Ad esempio quelle della televisione, che paralizzano il pensiero, colonizzano i sogni e i desideri.
Non ho nulla contro le immagini. Certamente servono e sono potentissime perché attivano tutte le funzioni psico-fisiche umane. Ma c’è enorme la differenza tra le immagini che vediamo con gli occhi e quelle che invece si formano nella mente perché qualcuno ci racconta delle cose. L’immagine può essere anche un racconto e la sua narrazione nutre il senso critico. Non a caso Bruner afferma che il narrare rinnova la vita sociale perché permette la continua “negoziazione dei significati”. Lo sviluppo del pensiero critico parte dalla consapevolezza e dalla capacità di decentrarsi per ascoltare attivamente.
Fino a quarant’anni fa c’era ancora la tradizione di raccontare fiabe, aneddoti, poemi. I piccoli non avevano fretta. Più la storia era lunga e più si poteva stare con gli adulti ad ascoltare. C’era una ricerca del significato. Adesso non si racconta più. Al massimo si leggono i racconti ai bambini, più spesso si lasciano soli davanti ad un libro o a guardare le storie attraverso narratori virtuali.

La narrazione come ospitalità
La narrazione autentica è una forma avanzata di ospitalità. Narrare lascia un segno che modifica profondamente, sia chi narra, sia chi accoglie i racconti.
Colui che narra invita ad entrare nel suo mondo e si dichiara disponibile ad interagire con il mondo dei suoi ascoltatori: accoglie e si fa accogliere. L’incontro con lo scrittore che narra è stimolante. E’ una pagina scritta che diventa persona viva. E’ il piacere di leggere ascoltando.
In realtà si tratta di uno scambio: anche per lo scrittore questa attività ha un enorme pregio. Un autore non è un’isola, fa parte di una comunità, vive dentro una società, deve nutrirsi di contatti, fare parte del mondo.

La narrazione come invito alla decisione
Ci sono delle comunicazioni che lasciano il tempo che hanno trovato. Ad esempio le conversazioni da salotto, le parole vuote con cui si occupa il tempo tra sconosciuti in uno scompartimento ferroviario.
La narrazione è tutt’altro, incide, cerca uno scambio. Lo stretto legame che lega gli avvenimenti raccontati al fluire del tempo fa scaturire spontaneamente questo invito a “stare attento”. Eventi insignificanti diventano coinvolgenti. La storia raccontata appella all’interlocutore, con la stessa intensità con cui si sente coinvolto il narratore. Chi ascolta si sente spinto verso questa avventura, perché si sente “ospitato” nel racconto. La forza di coinvolgimento non è data dalla acutezza dei concetti. Sono i fatti evocati in un’onda di emozione che porta a sentirli nostri, anche se hanno protagonisti lontani. Chi racconta, ama la realtà raccontata e la fa amare. Per questo diventa invito ad una decisione personale coraggiosa. E’ un invito: “Bada! C’entri anche tu!” che supera la tentazione dell’indifferenza.
Il narratore chiede una decisione coraggiosa e rischiosa: per la logica che percorre il racconto o contro di essa. Non lo fa in modo duro, chiede semplicemente una decisione raccontando storie.

La narrazione come stupore
La narrazione assicura coinvolgimento perché sa scatenare stupore, condizione fondamentale per accettare di mettere in discussione il proprio mondo, sconosciuto e indecifrabile. Chi accetta di sperimentare la vertigine dello stupore, sa esporsi all’ignoto. La narrazione è capace di generare stupore perché protende verso l’avventura non ancora sperimentata. E questo con una sequenza che non è mai unica, come quando si cerca di dimostrare un teorema di matematica. Nell’infinito susseguirsi dei tanti possibili eventi del reale, il racconto ne sceglie alcuni e li organizza in una proposta che continua a restare “racconto”. Si pone di fronte ad una realtà che viene riconosciuta più grande e solenne di quella raccontata.

*Articolo apparso in “ArsTuaVitaMea” – Rivista di Arte, cultura e società
*Illustrazione di Marta Farina

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