I bambini ci guardano

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Fiumi di parole sono stati scritti sull’educazione, sul come, sul cosa e sul perché. Eppure l’educazione è soprattutto un atto “inconsapevole”.
Bambini e ragazzi acconsentono ad essere educati con facilità, sono molto più docili di quanto possiamo immaginare, ma c’è qualcosa a cui spesso non pensiamo: i piccoli imparano in ogni momento della loro vita trascorso con noi. Questo significa che l’educazione è un atto di creazione permanente.
Atto di creazione perché educare non significa imporre delle regole, le regole si impongono agli animali da addomesticare o ai militari da inquadrare sotto comando. Gli esseri umani vivono di creatività, si nutrono di diversità e di novità, di curiosità e di gioia.
Permanente perché i genitori non vanno mai in vacanza, per tutta la durata della loro vita. E non è una disdetta, piuttosto è un atto d’amore infinito.
Il fatto è che spesso ci dimentichiamo di tutto ciò, forse per via della pesantezza del vivere quotidiano o a causa della nostra pigrizia, e allora ci aggrappiamo alle regole. Succede che i genitori portano i piccoli in spiaggia e pensano di educarli imponendo un orario rigido per il bagno oppure vietandogli di disturbare i vicini di ombrellone.
Tutte queste regole sono faticose, spesso le mamme sono in tensione e i papà non si sentono liberi. Imporre comportamenti e elargire divieti è stancante!
E allora può succedere che per non stancarsi si lascia andare tutto, si finge di non vedere e non sentire.
Che fare, dunque, per alleggerirsi un po’ la vita?
In realtà si può fare molto di più facendo meno. Anche perché i bambini ci guardano, sempre, anche quando non ce ne accorgiamo. Ed è mentre ci guardano che noi possiamo educarli, è quello il momento privilegiato, l’occasione opportuna per insegnare ai piccoli tutto quello che di essenziale c’è da sapere.
Una madre educa il suo bambino quando risponde in maniera garbata al proprio marito, quando ringrazia la commessa per un consiglio ricevuto in negozio, quando rispetta la fila. Un padre insegna il giusto comportamento al figlio quando getta la carta nel cestino anziché in terra, quando guida l’automobile rispettando i pedoni, quando sorride al ragazzo che gli lava il vetro del cruscotto, quando è gentile e amorevole con la propria moglie.
Per essere buoni educatori, occorre innanzitutto essere. Noi educhiamo in base a ciò che siamo. E le emozioni costituiscono un aspetto rilevante in ambito educativo. Cosa proviamo davvero? Cosa desideriamo davvero per i bambini che siamo chiamati a educare? Come manifestiamo quello che proviamo?
Le carezze, i sorrisi, gli abbracci sono unità didattiche molto efficaci, strumenti di educazione senza sforzo.
La risposta sgarbata, il tono di voce aspro, l’ansia sono unità didattiche negative. Efficaci quanto quelle positive, ma che conducono nella direzione sbagliata, ovvero verso l’infelicità.
A noi la scelta, dunque.
L’importante è ricordarsi che i bambini ci guardano, sempre, e questa è la nostra grande opportunità.
Di tutto questo, e tanto altro, ne ho parlato in un libro: “Insegnare con la letteratura fiabesca”. Perché la letteratura è una grande alleata di genitori e insegnanti, uno strumento antico e moderno insieme, che può facilitare il compito di chiunque sia chiamato a educare.
—————————————————>Insegnare con fiaba cover blu copia

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4 commenti

  1. Condivido il contenuto. Mi permetto di aggiungere che il sessismo e la violenza di genere sono anche il risultato di rapporti violenti all’interno della coppia genitoriale. Un marito, padre , compagno educa al rispetto di genere quando “risponde bene” alla sua partner, quando ne rispetta le scelte e soprattutto non la considera una proprietà come una cosa di cui alla fine si può fare ciò che si vuole …Credo che questo aspetto non sia sottinteso nell’articolo o almeno non è percepibile come tale, e che al contrario vada precisato. La declinazione al maschile e al femminile si rende necessaria proprio per evitare le “omissioni” che da sempre caratterizzano la storia delle donne, per fornire una reale rappresentazione della coppia educatrice e per scardinare gli stereotipi violenti che spesso la caratterizzano

    • Mi trova pienamente d’accordo. Nella mia mente è talmente scontato che la gentilezza debba essere reciproca che in un (breve) elenco di comportamenti non mi ha nemmeno sfiorato l’idea di ripetere la stessa frase riferita ad entrambi i coniugi. Oltretutto, nell’espressione “essere gentile e amorevole con la propria moglie” ho inteso includere anche il “rispondere in maniera garbata” perché non credo possa esistere gentilezza e amorevolezza senza garbo. Sono sinonimi, ecco.

  2. Una madre educa il suo bambino quando risponde in maniera garbata al proprio marito, non si può leggere.
    È orrenda. Lei viene da quei paesi dove le donne sono letteralmente schiave dei mariti?
    Altrimenti non si spiega una frase simile.

    • Lei pensa che sia orrendo rispondere in maniera garbata al proprio marito?
      Rispetto il suo modo di pensare. Io ritengo invece che sia necessario usare garbo e gentilezza nei confronti di chiunque e a maggior ragione tra marito e moglie. Nella reciproca gentilezza dei genitori c’è la chiave per una buona educazione dei bambini.
      E no, non vengo da un paese dove le donne sono schiave dei mariti.

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