Genitori che aggrediscono docenti e dirigenti scolastici. Alunni, armati perfino di coltello, che insultano, minacciano e feriscono gli insegnanti. Maestre che picchiano e umiliano bambini.
Cosa sta succedendo alla scuola? Cosa sta succedendo a noi tutti?
E’ urgente porsi questa domanda perché la scuola riguarda ognuno di noi, non solo genitori e insegnanti. Chiunque abbia bisogno di un medico o di un architetto, di un idraulico o di un impiegato postale, di un avvocato o di un imbianchino, si augura di trovarsi davanti a una persona competente e umanamente formata nel migliore dei modi. Umana e competente.
Insomma, senza una scuola valida siamo tutti in pericolo. Allora chiediamoci seriamente cosa sta accadendo.
Iniziamo dall’ultimo episodio scabroso, la docente accoltellata al viso da un proprio studente. Possiamo dedurre che la scuola è aggredta dall’interno?
Se provassimo a parlare con un insegnante, con molta probabilità ci risponderebbe che si sente aggredito dall’interno e anche dall’esterno. Perché?
Forse perché non riesce più a contare sulla collaborazione della famiglia, forse perché è sommerso da incombenze burocratiche che gli sottraggono tempo all’insegnamento, forse perché nella sua classe ci sono alunni che parlano almeno tre lingue diverse che lui non conosce, forse perché in classe i ragazzi con gravi disabilità sono sempre più numerosi, forse perché i disturbi specifici dell’apprendimento sono in aumento e nelle scuole non esiste la presenza costante di uno psicologo né di un neuropsichiatra infantile, forse perché i ragazzi soffrono di disturbi dell’attenzione a causa di un uso compulsivo di apparecchi elettronici. Infine, perché la campagna mediatica contro i docenti è martellante e diffonde notizie fasulle che procurano stress e umiliazioni.
E le famiglie, invece, quali perché ci racconterebbero?
Forse il genitore che aggredisce docenti e preside ha una concezione del figlio come una sua proprietà, che nessuno può sfiorare richiamandolo a comportamenti corretti. Suo figlio è portatore di diritti ma non di doveri. Probabilmente quel genitore si adopera da mattina a sera per evitare che qualunque ostacolo venga posto davanti al suo figliolo, e chiunque lo fa diventa poi suo nemico.
E i ragazzi, come risponderebbero? L’alunno che ha scagliato una sedia contro la finestra dell’aula, infrangendo i vetri, forse non si è mai chiesto come mai quella sedia stia a scuola, chi ha pagato le tasse per poterla acquistare, chi ha lavorato per costruirla. Forse risponderebbe che era nervoso e che la comunità scolastica deve soprassedere sul suo gesto spontaneo e un po’ impulsivo.
La professoressa recentemente accoltellata al volto, non invoca punizioni terribili, ma si sta chiedendo in cosa la scuola abbia sbagliato. E’ una docente che probabilmente appartiene a quel tipo di insegnanti che sfiorano l’eroismo. Ma non è giusto chiedere ai docenti di essere degli eroi, non è questo il compito di un insegnante.
Il problema scuola, dunque, ha molte facce. Come se ne esce?
Non è affatto facile. Innanzitutto perché dietro il moltiplicarsi degli adempimenti burocatici quotidiani (a volte le chiamano “innovazioni”) c’è la logica di ridurre gli insegnanti a funzionari dell’apparato tecnologico, semplici pedine che collaborino a formare clienti e non cittadini. E già succede, infatti, che il cliente ha sempre ragione, cioè ha quasi esclusivamente diritti e può permettersi di disprezzare il bene pubblico (lanciare sedie e spaccare vetri).
Poi ci sarebbe da risanare la condizione della famiglia, sempre più in crisi. A pagarne le conseguenze sono i ragazzi, con le fragilità tipiche dell’età giovanile. Ma le conseguenze ricadono anche sui docenti, che non hanno più un interlocutore con cui collaborare.
Infine occorrerebbe un dialogo con le forze politiche che formano i governi e che sembrano sempre più determinate a proseguire nella stessa direzione.
Ecco, risanare la scuola è un’impresa non da poco.
Riusciremo mai a restituire dignità all’insegnante e al ruolo dell’educazione nella società? Un compito immane, che richiede fatica enorme, soprattutto perché la scuola è lasciata da sola.
Rosa Tiziana Bruno