di R. Tiziana Bruno
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Per realizzare un percorso di intercultura nella scuola occorre, prima di tutto, capire quali sono le condizioni che portano il bambino (e anche l’adulto) a temere, rifiutare o combattere la diversità. Da cosa hanno origine realmente diffidenza, razzismo e bullismo?
Ormai è risaputo che il rifiuto delle differenze sociali e l’intolleranza razziale non nascono da ragionamenti culturali o dall’ignoranza, bensì nascono molto prima. La paura e il rifiuto del diverso traggono origine da operazioni affettive che, spesso, nell’educazione vengono trascurate.
Ad esempio, quando gli adulti negano o disprezzano una componente emotiva del bambino perché è diversa dal comportamento ideale che ci si aspetta da lui… in quel momento stanno dimostrando disapprovazione verso la diversità che il bambino spontaneamente ha mostrato.
In questo contesto il bambino impara egli stesso a “perseguitare” la propria parte debole (quella non accettata) e di conseguenza imparerà a perseguitare i soggetti deboli che incontra come l’estraneo, il disabile, ecc…
Pertanto, non serve a nulla sommergere i ragazzi con discorsi morali o logici. L’educatore non deve persuadere, ma stimolare il racconto delle emozioni e della storia di ogni bambino e saper ascoltare.
Ovviamente ascoltare non significa accettare schemi razzisti o violenti, ma significa lasciar esprimere l’altro accettando i suoi sentimenti, la sua storia, il suo punto di vista, L’educatore accoglie l’umanità dell’altro anche quando non risponde al proprio ideale.
Un progetto d’intercultura può essere valido solo se basato su una metodologia che valorizza il confronto delle esperienze, favorisce l’autenticità comunicativa e la condivisione e sviluppa il pensiero divergente.
Per queste ragioni, non possiamo fare intercultura senza educare alla creatività.
Viviamo una situazione assurda e paradossale. Nonostante sia prodotta una quantità enorme di oggetti, la creatività umana è sempre più repressa. Forse perché genera disordine, scombussola, opera un cambiamento radicale, sconvolge ciò che conosciamo e che ci dà sicurezza. Abbiamo paura del nuovo, dell’imponderabile e dunque preferiamo soffocare la creatività.
La complessità del contesto sociale alimenta timori e paure che si traducono in rifiuto del diverso e intolleranza. Difendiamo rigidamente le nostre posizioni, per non perderci nel labirinto. Eppure, ironia della sorte, il nostro destino di esseri umani è rimescolarci, scambiare voci e lingue, incontrarci in un luogo dove ciascuno porta qualcosa per ricevere qualcosa d’altro. E’ sempre accaduto, in un modo o nell’altro, e la storia ce lo insegna.
La scrittura creativa possiede la straordinaria capacità di favorire questo scambio. Anzi, è essa stessa scambio e confronto. Ci permette di scoprire cose che attraversano le culture, a prescindere dalle latitudini, e che riguardano tutti noi, nessuno escluso.
Non a caso il poeta Mario Luzi afferma: «Chi riconosce più lo scrittore africano, dello scrittore di Firenze?»
La scrittura salda in un sogno comune i frammenti di una umanità divisa.
Siamo unici, noi esseri umani, tutti assolutamente diversi. Eppure, abbiamo una sola origine, siamo partecipi di uno stesso destino. Non abbiamo un’identità compatta e semplificata, ma siamo complementari e interconnessi in un unico pluriverso.
«La scrittura ricostruisce e ricongiunge, spalanca le porte dell’imprevedibile, inventa mondi e consente l’emergere di una coscienza di noi stessi, come frammenti di un unico infinito.
E’ tempo di riunirci, di confrontarci e di scoprire il nostro potenziale creativo. Siamo tutti chiamati a ricevere e donare bellezza, per godere pienamente della vita. Il mestiere degli esseri umani è brillare di gioia, di parole e di stelle»*
Il gioco creativo delle parole, la scrittura, ci aiuta ad esplorare gli infiniti significati del mondo e degli accadimenti. E’ una bussola di cui la scuola non può fare a meno. La didattica non può prescindere dalla valorizzazione della creatività, in modo permanente. Soprattutto perché, attraverso l’educazione alla creatività, in special modo educando all’arte della parola, è possibile attuare concretamente l’ascolto e l’accettazione della diversità come modalità di approccio all’altro e a sé stessi.
Apriamo dunque le porte della scuola all’educazione creativa, se davvero vogliamo attuare una didattica interculturale.
E cominciamo subito, sin dagli Asili Nido, dove la lettura creativa può rappresentare l’atto propedeutico per percepire l’accoglienza e sviluppare l’immaginazione.
Nel libro Parole come stelle, oltre ad illustrare l’importanza della creatività per ogni essere umano, sono descritti 7 giochi di parole e stelle, ovvero attività didattiche finalizzate alla valorizzazione della creatività del bambino, dell’adolescente e dell’adulto.
Sono attività da svolgersi in gruppi, anche eterogenei per conoscenze e competenze, per età e provenienza geografica. Si tratta di “giochi” adatti a tutti, anche a chi presenta disturbi specifici dell’apprendimento. Insomma, sono attività che uniscono, che includono, che divertono e che.. aprono strade nuove.
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