di R. Tiziana Bruno
La millenaria storia dei bottoni si incrocia con quella ancora più antica della creatività. L’umanità ha iniziato a usare i bottoni nell’età del bronzo, e da quel momento sono diventati oggetti non soltanto utili ma anche altamente simbolici. Nel Medioevo solo agli orafi era concesso fabbricarli e in quel periodo, per la prima volta, apparvero nella letteratura con la Chanson de Roland.
Nei secoli seguenti furono emanate leggi per regolamentarne l’uso, tanto erano importanti. Con la rivoluzione industriale si cominciò a produrre bottoni su larga scala, in materiali meno pregiati ma sempre arricchiti da originali decorazioni. Nell’Inghilterra vittoriana la mano sinistra era ritenuta inferiore alla destra e l’abbottonatura a sinistra per gli abiti femminili indicava perciò la posizione inferiore delle donne nella società.
I bottoni raccontano tante cose sul percorso dell’umanità, parlandoci anche del nostro rapporto con la creatività. Non a caso bottone deriva dal francese “bouton” (germoglio, bocciolo).
Fino al secolo scorso si pensava che la creatività potesse sbocciare solo in un genio, ora sappiamo che appartiene a tutti e bisogna coltivarla se vogliamo vivere la vita in pienezza. Maria Montessori, fra tante cose, spiega che giocare con i bottoni stimola il pensiero divergente e, nei più piccoli, aiuta lo sviluppo della motricità fine, favorendo così l’autonomia e quindi l’autostima. Quante cose si possono fare con i bottoni! Possiamo fabbricare collane e bracciali, decorare lampade e cornici, costruire cinture per i pantaloni e tracolle per le borse. Insomma, un’infinità di cose! Possiamo anche inventare storie e immaginare avventure o disegnarli sul diario per accompagnare la nostra scrittura.
Ricordo che il cofanetto dei bottoni di mia madre mi appariva come lo scrigno di un tesoro. Piccoli oggetti per liberare l’immaginazione e, forse per questo, spesso presenti nella letteratura.