Un romanzo per amare la Geografia

Abbiamo bisogno, anche se raramente ce ne rendiamo conto, del contributo che la geografia ci elargisce tutti i giorni nella comprensione del mondo, vicino e lontano.

Ma alla geografia, scienza che studia l’umanizzazione del nostro pianeta, si accompagnano le tante geografie personali. E queste geografie, che ciascuno ha nella propria mente, non sono meno importanti, perché sono queste che in qualche misura ci guidano, soprattutto negli atteggiamenti e comportamenti che manifestiamo tutti i giorni. Le nostre geografie dipendono dal modo in cui noi percepiamo lo spazio vissuto e gli altri che non conosciamo direttamente, ma dei quali abbiamo cognizione attraverso i mass media. Anche la percezione che abbiamo dello spazio è il risultato di tante e diversissime esperienze che si accumulano negli anni, le più vitali delle quali sono quelle elaborate nell’infanzia. E così il mondo, riprodotto nel globo in miniatura ma fedelmente nella sua struttura fisica (a differenza delle carte geografiche che per definizione sono approssimate), può offrire opportunità straordinarie alla fantasia del bambino.

Non a caso la prima visione che “La forchetta volante, fiaba “tra e per” le fiabe, scritta da Rosa Tiziana Bruno, propone alla mia immaginazione, forse per una presenza costante e amica nella mia vita fin da bambino e consolidata negli anni per deformazione professionale, è quella di un globo. Il globo costituisce il grande sfondo della storia di Caterina, che, come tanti altri piccoli favolosi personaggi, gira per il mondo, posandosi in tutti i Continenti.

In realtà il globo è costruito su un intreccio di linee, per il suo geometrico reticolo di meridiani e paralleli, che nella fantasia si possono trasformare, moltiplicandosi in miriadi di fili, percorsi con punti di partenza e di arrivo, direzioni, rotte. Sulla superficie del globo si possono inevitabilmente sognare viaggi favolosi, alla ricerca “dell’isola che non c’è”, così come si possono progettare fantastici itinerari nelle realtà di territori lontani nello spazio e qualche volta anche nel tempo. Vengono in mente le carte geografiche medievali nelle quali la fantasia costituiva il principale mezzo per rappresentare l’Oriente, affascinante terra di mostri e di meraviglie. Le carte erano veri e propri disegni carichi di simboli indicanti leggende e credenze religiose, dove l’immaginazione superava la realtà, spesso sconosciuta, tanto che la locuzione hic sunt leones (con relativi disegni di animali feroci) indicava genericamente spazi pericolosi frequentati da belve.

Prima dei viaggi esplorativi sono quindi i miti antichi a fornire la chiave per leggere e interpretare la realtà. Il mito e la fiaba: un confronto tra mondo mitologico dell’umanità primitiva e mondo psicologico e percettivo dell’infanzia, per cui le fiabe spesso rispecchiano la visione animistica che il bambino ha delle cose e dei luoghi, tutti dotati di una loro coscienza: una visione che riporta al “genius loci” dei Latini, al nume tutelare del luogo. Un certo animismo, pur sotto altre vesti, sopravvive e si rinviene in molte descrizioni, ad esempio di guide turistiche, dove le colline sono ridenti, i monti severi, i ruscelli canori, le messi liete…

L’animismo infantile va restringendosi sempre di più con l’età, ma non dovrebbe mai scomparire, perché peserebbe in maniera del tutto negativa nel rapporto uomo-natura. Una visione della natura inanimata e inerte, nella quale l’uomo può operare indifferentemente, ha prodotto negli ultimi decenni guasti immani. La natura, al contrario, è viva ed è sensibile; risponde agli impulsi dell’uomo, che quindi dovrebbero essere ben valutati prima di essere messi in opera. Una giusta “dose” di fiabe può aiutare il bambino a fornirsi di quegli strumenti che gli serviranno, anche in futuro, per realizzare una concezione della natura più matura e consapevole. La narrazione mitologica, non molto diversamente dall’universo fiabesco, rispecchia la visione del mondo di un popolo e ne comunica sistemi di valori, ricoprendo così, attraverso proposte di modelli comportamentali, una rilevante funzione educativa.

Il viaggio di Caterina tra protagonisti di fiabe di Paesi diversi, che comprendono – come già ricordato – tutti i Continenti, è il nostro viaggio nello spazio e nel tempo in un confronto proficuo con gli altri e con culture diverse, un viaggio quindi nel sapere geografico. Un’ulteriore funzione della fiaba, con significativi riscontri didattici, si sviluppa attraverso la dimensione temporale, in quanto la narrazione si svolge prevalentemente in un tempo lontano dall’attuale. La fiaba consente un confronto, una relazione con lo spazio, che, però, si può declinare in tutte le dimensioni temporali, fino all’indeterminatezza del “c’era una volta”, corrispondente al detto popolare “al tempo che Berta filava”.

E qui va colto il messaggio più forte dell’Autrice, che può essere ripreso in chiave didattica, trasversalmente alle varie discipline; ma il compito principale spetta proprio alla geografia, come suggeriscono le stesse Indicazioni Nazionali per il Curricolo (agosto 2007): “Fare geografia a scuola vuol dire formare cittadini del mondo consapevoli, autonomi, responsabili e critici, che sappiano convivere con il loro ambiente e sappiano modificarlo in modo creativo e sostenibile, guardando al futuro”. E Caterina guarda al futuro, suo e di tutti.

prof. Gino De Vecchis
Ordinario di Geografia – Università La Sapienza – Roma
Presidente dell’Associazione Insegnanti Italiani Geografia

Un commento

  1. […] E’ una storia avventurosa e avvincente che rivela agganci con diverse culture del mondo, utilizzando le fiabe come veicolo di scambio e ponte che unisce nella diversità. Ma come si realizza un efficace percorso di intercultura? E’ necessario, prima di tutto, comprendere quali sono le condizioni che portano a rifiutare o combattere la diversità. Da cosa hanno origine realmente razzismo e bullismo? Il rifiuto delle differenze, l’intolleranza razziale e la paura del diverso non nascono da ragionamenti culturali o da semplice ignoranza, bensì nascono molto prima.  L’origine può essere individuata già in quelle operazioni affettive cui spesso non viene dato il giusto peso. Un esempio: quando gli adulti negano o disprezzano una componente emotiva del bambino, perché ritenuta diversa dal comportamento ideale che ci si aspetta da lui, quella disapprovazione insegna al bambino che è giusto “perseguitare” la propria parte debole (quella non accettata). Di conseguenza il piccolo imparerà, oltre a non accettare se stesso, anche a perseguitare i soggetti deboli che incontra: lo straniero, il povero, il disabile, l’anziano. Non serve sommergere i ragazzi a scuola con discorsi morali, non occorre persuadere, ma è necessario stimolare il racconto della storia di ogni bambino, delle sue emozioni, delle sue insicurezze, e saper ascoltare. Un progetto d’intercultura valido deve necessariamente favorire l’autenticità comunicativa e la condivisione, oltre che far conoscere le altre culture  in maniera piacevole e interessante. Il libro La forchetta volante è adatto a questo tipo di percorso perché la sua trama avvincente incoraggia la comunicazione di emozioni e sentimenti, facilitando il compito  del docente in ambito emotivo-relazionale. Inoltre, stimola la curiosità verso le altre culture e può essere utilizzato come testo di approfondimento in varie discipline: Geografia, Italiano, Storia,  Lingua 2, Scienze, Musica, Cittadinanza globale e legalità. Il Presidente dell’Associazione Nazionale Insegnanti di Geografia, prof. G. De Vecchis, ne ha evidenziato il valore interculturale e geografico. La sua recensione è consultabile QUI. […]

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